L’enfatico no alle adozioni per i single e alle unioni gay era largamente atteso, e così la calendarizzazione del biotestamento nella versione post-Eluana. Dopo lo scandalo Ruby una genuflessione del premier alle gerarchie vaticane era data per scontata, a dimostrazione di quanto pesi nel discorso pubblico la sua debolezza personale.
Meno attesa la tirata sulla “scuola di Stato”, colpevole secondo il Cavaliere di non educare i ragazzi e, addirittura, di “diffondere idee che non sono quelle che vengono trasmesse in famiglia”.
Qui siamo oltre la genuflessione, per la quale sarebbe bastato un accenno ai sostegni alla scuola privata. Qui siamo nel cuore del Berlusconi-pensiero. Quel cuore che individua lo Stato come nemico, che si chiami magistratura, Consulta o scuola pubblica. E punta a minare ogni forma di autorità tranne la propria.
Con un capo del governo così, ogni cittadino può sentirsi autorizzato a rifiutare il proprio giudice, ogni studente ad attaccare il suo docente, ogni commerciante ad evadere il fisco.
Finché a diffondere i valori resteranno solo Amici, Lele Mora e il Grande Fratello. O, per i più ambiziosi, le cosce di una velina o i vulcani finti nei villoni in Sardegna. Che poi, diciamo la verità, sono pure un po’ cafoni.
“Educare i figli liberamente vuol dire di non esser costretto a mandarli a scuola in una scuola di stato dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare dei principi che sono il contrario di quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figli” Silvio Berlusconi
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