Il Presidente Napolitano: «Rispettare il Tricolore è un dovere per chi ha ruoli di governo»

13 marzo 2011

In Libia per 10.000 € a settimana.

La rivoluzione in Libia fatica a tener botta alla reazione di Gheddafi e del suo esercito.
Alcuni opinionisti dicono che c'è in corso una guerra civile, forse per tenersi buoni Gheddafi in caso di una sua, spero improbabile, vittoria.
Via Twitter giungevano voci insistenti di un uso massiccio di mercenari da parte del regime libico, il che non sa proprio di guerra civile.
Nicolai Lilin, nato nell'ex Unione Sovietica con un passato da militare e da mercenario, ci racconta la testimonianza di un suo ex collega di lavoro:

Andrey ( mercenario):"Ma tu non guardi la televisione? Non hai visto cosa succede in Libia?".
Lilin: "Non mi dire che sei andato a servire a quel pezzo di merda di Gheddafi!".
"Tu non immagini quanto potere ha questa persona, mi hanno arruolato insieme con altri 300 operatori in un solo giorno, hanno pagato il triplo di commissioni alle nostre agenzie".
"Come è possibile? Gheddafi sembra isolato...".

"Ufficialmente lavoro per una compagnia petrolifera di proprietà del figlio del presidente. Mi pagano 10 mila euro a settimana. In questo paese se loro non controllano la situazione, tutto finirà nelle mani dei terroristi di Al Qaeda!".

"Non mi dire che lo fai solo per salvare il mondo dai terroristi...".
"Come sempre, nel culo ai terroristi, fratello! Senti, qui c'è tanto lavoro, mi hanno assegnato un reparto mobile: ho due elicotteri e 30 persone, serbi, croati, ungheresi, ucraini, lituani. Ma ci servono i cecchini. Abbiamo solo due tiratori capaci di colpire a 800 metri, come te: se vieni ti pagheranno un sacco di soldi!".
"Ma che dovete fare, Andrej? Contro chi dovete combattere?".
"Ma tu proprio non guardi la televisione! I terroristi, hanno preso in mano il Paese, hanno i carri armati, sono tantissimi: qui c'è una vera guerra civile! Noi facciamo le operazioni notturne, dobbiamo liberare le città occupate".
"Operazioni notturne".
L'articolo completo su l'Espresso.

Nessun commento: