Il Presidente Napolitano: «Rispettare il Tricolore è un dovere per chi ha ruoli di governo»

31 ottobre 2010

Maroni & Ruby: come rovinarsi la reputazione.

Maroni, ma che razza di ministro sei? | Gad Lerner
Alcuni onesti funzionari di polizia hanno messo agli atti, nei loro rapporti, le pressioni indebite ricevute dai superiori alla Questura di Milano, dopo la telefonata del premier. Che il rilascio della giovane priva di permesso di soggiorno e accusata di furto sia avvenuto secondo le procedure, e con l’autorizzazione del magistrato di turno, è talmente poco verosimile che gli stessi avvenimenti successivi lo smentiscono: altro che affidamento alla Minetti. Ruby andò a dormire in casa dell’amica brasiliana, luogo non certo adatto alla tutela di una minorenne. Il ministro degli Interni Roberto Maroni, leghista “cattivo”, specialista in espulsioni di clandestini, stavolta pur di coprire Berlusconi partecipa allo scaricabarile indegno fra pubbliche autorità, ma soprattutto lascia in brache di tela gli onesti funzionari che stesero rapporto, quando ricevettero ordini impropri dai superiori. Meritavano un plauso dal ministro responsabile dell’ordine pubblico, non questa vile sconfessione.
jawas
Il Corriere della Sera
MILANO - Non c'è stata alcuna autorizzazione all'affido di Ruby alla consigliera regionale Nicole Minetti da parte del pm dei minori Annamaria Fiorillo, di turno la sera del 27 maggio quando la ragazza venne fermata e portata in Questura a Milano. Lo si apprende da fonti giudiziarie citate dall'agenzia Ansa. Il pm, contattato più volte dalla polizia, non solo non diede il via libera alla consegna della ragazza ma, a differenza di quanto sostenuto in una nota della Questura, non raggiunse mai alcun accordo circa l'affido alla consigliera, e non lo avrebbe raggiunto nemmeno nel caso fosse arrivata negli uffici di via Fatebenefraterlli una copia dei documenti di identità. Il magistrato aveva disposto la collocazione di Ruby in una struttura protetta e, qualora non ci fosse stato posto (come riferito poi dalla Questura), di trattenerla. Infine alla Fiorillo non sarebbe mai arrivata la telefonata per chiedere l'autorizzazione ad affidare la minorenne, una volta identificata, alla Minetti.
RELAZIONE DELLA POLIZIA - Del fatto che il pm non diede l'autorizzazione ad affidare la giovane, ora al centro dell'inchiesta della Procura di Milano per favoreggiamento della prostituzione, è testimonianza la relazione stilata quella notte dalla polizia. Secondo il documento, arrivato alla Procura dei minori circa un mese più tardi (e non al pm Fiorillo nei giorni successivi), dopo l'arrivo della ragazza in Questura e l'avvio delle procedure di identificazione, era arrivata la telefonata dalla presidenza del Consiglio dei ministri in cui si specificava che Ruby era la nipote del presidente egiziano Mubarak e che «quindi doveva essere lasciata andare». Dopodiché, sempre secondo il rapporto, in via Fatebenefratelli si erano presentate «due amiche della minore», e cioè Nicole Minetti, che si è offerta di prendere in affido la giovane e la coinquilina della minore. Vista la nuova situazione, viene contattato ancora il pm di turno, la quale - informata anche della segnalazione della parentela di Ruby - «disponeva comunque l'affido della minore a una comunità o la temporanea custodia della minore presso gli uffici della Questura». Infine, è scritto ancora nella relazione, veniva di nuovo contattato il pm e «si raggiungeva il seguente accordo, e cioè bisognava avere la copia di un documento di identità della minore per poi poterla affidare alla Minetti e lasciarla andare». Il documento o una sua copia, chiesto dal magistrato per verificare se la ragazza fosse o meno nipote di Mubarak, non venne però recuperato. La giovane venne quindi identificata in altro modo e, secondo quanto ribadito da fonti giudiziarie, Ruby venne affidata alla Minetti nonostante non ci fosse il consenso del pm Fiorillo.
Back Link:  La questura Fatebenefratelli e Ruby

30 ottobre 2010

Tremano i vertici della questura Fatebenefratelli

Le chiamate a Milano per far rilasciare la ragazza. In bilico le posizioni del questore Indolfi e del capo di gabinetto Ostuni: perché l'hanno liberata?
Il grande allarme scatta nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, quando Ruby, la minorenne che dice di essere stata ad Arcore da Silvio Berlusconi, viene “liberata” dalla questura di Milano dopo una telefonata arrivata dalla presidenza del Consiglio. In quella notte si mette in moto la rete di protezione che deve ad ogni costo “salvare” Ruby, e non solo lei. Quando a Berlusconi arriva, in diretta, la notizia che è stata fermata dalla polizia Karima El Mahroug, in arte Ruby, succedono due cose. Da una parte scattano immediatamente le telefonate che da Palazzo Chigi convincono il capo di gabinetto della questura di Milano a fare pressioni affinché la ragazza sia rilasciata, contro le regole e le procedure. Dall’altra scende in campo l’avvocato del presidente del Consiglio, Niccolò Ghedini, per cominciare a predisporre le contromisure atte a proteggere il capo.
Ora quella notte è diventata lo snodo cruciale della storia di Ruby. È il passaggio che mette a rischio i vertici della questura milanese, il capo di gabinetto Pietro Ostuni, l’allora questore Vincenzo Indolfi (promosso prefetto con funzione di ispettore generale di amministrazione del consiglio dei ministri). La ragazza viene portata negli uffici di via Fatebenefratelli da una pattuglia del commissariato Monforte. È una minorenne. Aveva a suo carico una denuncia per scomparsa. Avrebbe dunque dovuto essere portata in una struttura per minori, oppure trattenuta in questura in attesa di essere trasferita l’indomani in una comunità. Così aveva disposto il magistrato di turno del tribunale dei minori, contattato via telefono dagli agenti.
Ma arrivano le pressioni da Roma. Telefona direttamente la presidenza del Consiglio: la ragazza deve essere subito rilasciata, “è la nipote del presidente egiziano Mubarak”. Il capo di gabinetto riceve e passa l’ordine a una funzionaria. Gli agenti tirano in lungo, non sono convinti della strana procedura che contraddice le disposizioni del magistrato. Allora la funzionaria telefona lei al magistrato, o così dice. E poi insiste: rilasciate la ragazza.
Ad attenderla, negli uffici della questura, c’è Nicole Minetti, la ballerina di Colorado Cafè diventata igienista dentale di Berlusconi e poi consigliere regionale della Regione Lombardia “con incarico presso la presidenza del Consiglio dei ministri”. Non solo: arriva (ma chi l’avrà mai avvertita?) anche la coinquilina di Ruby, la brasiliana Michelle. Ruby viene affidata a Nicole Minetti, che la fa subito parlare al telefono con Berlusconi, e poi la lascia alla brasiliana, protagonista minore della vita notturna milanese, che sostituisce, su pressione della presidenza del Consiglio, la comunità di accoglienza. Poi scatta la rete di protezione più generale. Un compito delicato, affidato a diversi personaggi. Tra questi, Niccolò Ghedini, parlamentare del Pdl e legale di Berlusconi.(...)di Gianni Barbacetto.

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                 Questura Fatebenefratelli e Ruby

29 ottobre 2010

Questura Fatebenefratelli e Ruby

La Questura Fatebenefratelli di Milano è diventata famosa grazie a un film con Raul Bova e agli agenti dell'U.O.C.D.
Film che descriveva, appunto, gli arresti di gente che commetteva piccoli reati e che finiva sistematicamente in galera.
Ebbene, grazie agli arresti di sans papier e ladri di galline, le statistiche si gonfiano e De Corato le sventola continuamente per far vedere quanto è bravo coi deboli.
Ora la questura dice:
"Nei confronti della ragazza sono stati eseguiti gli adempimenti di legge e,mancando i posti in comunità di accoglienza,d’intesa con il tribunale dei minori,fu affidata ad una persona offertasi di prendersene cura."
Ci pigliano per il culo ? Sì

Dunque, una ragazza minorenne scappata di casa e dalla comunità viene fermata con l'accusa di furto aggravato e viene portata in questura verso tarda sera.
La procedura stabilisce di contattare i genitori e il procuratore di turno, il magistrato non può affidare a nessuno la ragazzina con una telefonata senza mettere niente per iscritto.
Il tribunale dei minori, all'apertura degli uffici, dovrebbe decidere il da farsi.
Non c'è nessuna procedura che permetta a una ragazzina, per giunta senza documenti, di essere affidata a un'altra ragazza senza vincoli di parentela. NON ESISTE.
Puta caso che la Minetti fosse l'aguzzina di Ruby, la questura avrebbe riconsegnato la ragazzina alla stessa gente che ha messo un'adolescente a lavorare di notte in locali per soli adulti, e alla fine è andata esattamente così con la Minetti che afferma di non averla ospitata in casa sua.
Inoltre, non può essere assolutamente vero che non ci fosse una comunità, o una struttura simile, disponibile ad accogliere la ragazzina. La procedura prevede di trovare il posto anche fuori Milano, per esempio a Genova, sede dell'ultima comunità frequentata da Ruby.
In Svizzera hanno arrestato il figlio di Gheddafi mentre in Italia ci si fa intimorire da una telefonata che spaccia la ragazzina per la nipote di Mubarak.
La questura ha sbagliato, punto.
Forte coi deboli e debole coi forti.
Update: 
MILANO - Il pm dei minori di Milano Annamaria Fiorillo, che era di turno il 27 maggio scorso quando Ruby venne fermata e portata in Questura 1, diede disposizione affinchè la ragazza, più volte ospite di Silvio Berlusconi ad Arcore, venisse collocata in una comunità protetta in attesa dell'intervento del Tribunale per i minorenni.  Una disposizione che venne disattesa dopo l'ormai nota telefonata di Berlusconi 2che annunciò che Ruby sarebbe stata presa in consegna da Nicole Minetti, l'ex igenista dentale (adesso consigliere regionale), del premier. 
jawas

Le Carceri esplodono.

 Il Fatto Quotidiano
“Le carceri esplodono, noi le portiamo in piazza”. E’ questo il nome dell’iniziativa organizzata dall’associazione Antigone e Cgil Funzione pubblica per testimoniare le condizioni disastrose dei penitenziari italiani. “Non riusciamo a garantire nemmeno i servizi essenziali”, denuncia una guardia penitenziaria dell’istituto di Prato. “Negli anni, ci sono stati diversi suicidi”. I detenuti italiani sono circa 70.000, ma le patrie galere ne possono ospitare solo 44.000. Nel mirino tre leggi: la Bossi-Fini sugli immigrati, la ex-Cirielli sui recidivi, la Fini-Giovanardi sulle droghe. Il risultato è che le carceri esplodono di immigrati e tossicodipendenti. Eppure, per il ministro della Difesa Ignazio La Russa, “noi siamo gli unici che anziché pensare a far uscire la gente dal carcere, proviamo a migliorarne le condizioni di vita”.

28 ottobre 2010

Bunga Bunga un cazzo.

Bunga Bunga un cazzo.
Ci voleva questa parolina simpatica per sminuire uno scandalo enorme.
Povera ragazza che, ingenuamente, si è messa a disposizione di gente squallida come Lele Mora e Umilio Fede, la crème rancida di Milano.
Per la seconda volta SilvioBerlusconi è stato beccato a "cena" con una minorenne.
Non ci sono precedenti storici per tale schifezza.
Perché l'italiano medio si sente rappresentato da un magnaccia cafone che ostenta botox e bambine ?
Perché dobbiamo avere un premier ricattabile  definito "malato" pure dalla moglie? 


27 ottobre 2010

I favori della Moratti per ottenere l'Expo 2015, Antigua compresa.

Aiuti, regali e promesse il marketing della Moratti -Repubblica

L' ultima promessa acchiappavoti si chiama «Alleanza per l' Africa», fondazione con una dote di 10 milioni di euro per progetti di cooperazione. Per una campagna acquisti pro Expo che punta sul terzomondismo.  Paesi in via di sviluppo da convincere, ma anche marketing-Milano più spinto. Ecco le magliette del Milan e dell' Inter autografate da Kakà e da Materazzi portate in dono a capi di Stato e ministri, ecco i cofanetti con i cd della Scala mai mancati in valigia. Ma ecco, in caso di vittoria, anche un tesoretto da 52 milioni di euro da spendere in progetti di sviluppo come conseguenza delle tante promesse elargite in anticipo per convincere i Paesi votanti a sostenere Milano. Cambiali per il futuro se si batterà Smirne. Ma anche regali già fatti e recapitati nel tour promozionale costato 7,5 milioni di euro. Fondi locali (Comune, Regione, Provincia) ma, soprattutto, la rivendita anche in chiave Expo dei consueti denari della cooperazione italiana. Tra l' altro: scuolabus per i bambini delle isole dei Caraibi; sei giovani (da Yemen, Belize, e dalle isole-Stato Santa Lucia, Grenada, Bahamas, St Kittis e Nevis) ospitati a Milano per un anno gratis a studiare turismo a spese del Comune, altri dovrebbero aggiungersene dal Tagikistan fino a esaurire i 200mila euro a disposizione; una metrotranvia progettata da Mm in Costa d' Avorio; un centro sanitario mobile in partenza per l' Africa, che si poteva vedere un paio di mesi fa parcheggiato proprio davanti a Palazzo Marino. Alla Nigeria abbiamo finanziato una piccola centrale del latte, alla Guinea equatoriale un progetto di assistenza per malati di Aids. A Cuba abbiamo regalato bus dismessi da Atm. E ancora, master in tema di sviluppo sostenibile finanziati in Cile, contributi per ricerche sul biodiesel ai brasiliani, una «settimana della cultura mongola» a Milano assicurata nell' ultima missione a Ulan Bator guidata dal presidente del Consiglio comunale Manfredi Palmeri, l' ospitalità all' ultima Bit con uno stand allestito chiavi in mano per chi può puntare sul turismo come i 13 Paesi dei Caraibi. C' è di tutto, nella rete lanciata dal sindaco Moratti e dal ministero degli Esteri nel grande mare dei 142 Paesi che tra una settimana decideranno chi ospiterà l' Esposizione universale del 2015. Milano e Smirne le candidate, votazione a scrutinio segreto. E dunque? Dunque c' è stata la lotta diplomatica tra le due concorrenti per convincere i Paesi a sostenerle. Ma ci possono essere anche i colpi bassi che diventa arduo parare, perché la storia di queste sfide internazionali, malignano molti, nasconde spesso anche una guerra segreta e inconfessabile fatta di blandizie ai singoli delegati votanti. Verità o leggenda? Questo nessuno lo saprà mai. Quello che invece si sa racconta la battaglia delle armi convenzionali: le collaborazioni offerte ai Paesi emergenti, per i quali l' Expo diventa un piccolissimo volano di sviluppo nel grande business che un' esposizione porta con sé. Ogni Paese vale un voto. Le alleanze figlie della geopolitica le fai con i Paesi big. I grandi numeri, però, arrivano con i piccoli. è questo lo spirito dell' Expo, ed è una partita che Milano e Smirne stanno giocando fino in fondo l' un contro l' altra armata. Made in Italy, formazione e know how, turismo, scambi commerciali, gli asset per Milano. E vale tutto: in Nepal la promessa è stata quella di sensibilizzare gli italiani a importare vino a Katmandu, in Thailandia di portare una mostra su Leonardo a Bangkok. Fortissimo il corteggiamento verso la Corea del Sud e verso la Cina, seppure secondo molti alleata di Smirne, con un robustissimo sostegno di Comune, Fiera e governo all' Expo 2010 a Shanghai. Letizia Moratti ha concentrato la sua campagna acquisti su due aree da cui si aspetta un pieno di voti, il Sud America e i Caraibi. Ma ha guardato molto anche all' Africa, lo scacchiere cruciale per vincere. Qui si ripromette di spedire larga parte del tesoretto da 52 milioni di euro in caso di vittoria. E la fondazione "Alleanza per l' Africa", presentata a Parigi due giorni fa dal sindaco e dal governatore Formigoni, serve proprio a questo. Carta terzomondista, appunto. Così come l' adesione alla Millenium Campaign dell' Onu contro la fame nel mondo. Così come l' accordo con Planet France di Jacques Attali: in caso di vittoria, Milano si impegna a convogliare lì denari per finanziare microcredito nei Paesi in via di sviluppo.GIUSEPPINA PIANO

(...)Un accordo siglato nel marzo 2008 tra il sindaco, Letizia Moratti, e il governo guidato da Baldwin Spencer, già grande amico del nostro premier.
Milano si è impegnata a inviare fondi per l’illuminazione delle strade; finanziare un progetto di ricerca per la barriera corallina; costruire una scuola di calcio con un impianto sportivo; realizzare corridoi di transito per la navigazione commerciale e un centro di canottaggio. Ma non è tutto. Si parla anche di rafforzare i collegamenti aerei, investire nei mezzi di trasporto locali, intensificare gli scambi commerciali e creare delle borse di studio riservate agli universitari. (...)tutto ciò risulta nero su bianco dai documenti del Governo di Antigua, consultabili sul sito della repubblica caraibica.

Qui l'articolo de Il Fatto Quotidiano sui favori della Moratti allo Stato di Antigua.

26 ottobre 2010

Abroghiamo la Fini-Giovanardi ! ! !


Legge di retaggio fascista, creata da Fini e da quel ciellino di Giovanardi, assolutamente iniqua e inefficace.
Legge che distrugge le persone non supportata da alcun mezzo per la riabilitazione.
Legge assassina che parifica ogni tipo di droga, leggera o pesante.
Cancelliamo questa legge.

25 ottobre 2010

Il PD e la E-Mail

Monta la polemica e volano le accuse, nel centro-sinistra, di favorire il candidato Stefano Boeri con un uso improprio degl'indirizzi e-mail da parte del PD.  Ne parlano:

24 ottobre 2010

Crapa Pelada

All'epoca questa canzone era invisa al fascismo, perchè si riteneva che fosse una presa in giro di Mussolini che aveva bandito anche lo Swing/Jazz. Nel tentativo di svicolarla da questa proibizione, il maestro Gorni Kramer dà alla canzoncina un testo milanese/ironico e, facendo così, già nel 1936 egli incide quello che è forse il primo 78 giri italiano di jazz, nascondendolo furbescamente con una canzone popolare milanese.
Breaking Bad chiude la terza stagione con questo mitico pezzo. 
A voi, miei signori, io voglio narrare
la storia che tanto mi fa disperare.
Con ciocche sebenti che vedo cadere
dal capo i capelli bianchi,
ormai son pelato, deluso, avvilito,
non so quali cure adottar. Ma senti cosa dice
quel povero infelice:
"Non ti lamentar,
ma prova a cantar
con noi questa canzon".
Crapa Pelada la fà i turtei,
ghe ne dà minga ai sò fradei.
Oh! Oh! Oh! Oh!
I sò fradei fan la fritada.
ghe ne dan minga a Crapa Pelada.
Oh! Oh! Oh! Oh! Oh!
Crapa Pelada la fà i turtei,
ghe ne dà minga ai sò fradei.
I sò fradei fan la fritada.
ghe ne dan minga a Crapa Pelada.
Crapa Pelada la fà i turte
i,
ghe ne dà minga ai sò fradei.
Oh! Oh! Oh! Oh!
Crapa Pelad.......(variazioni di jazz)
Crapa Pelada la fà i turtei,
ghe ne dà minga ai sò fradei.
Crapa Pelada, con la parrucca
 
forse potrá dormir!

23 ottobre 2010

Antigua: lo shopping dell'avv. Postizzi

L'avvocato svizzero Carlo Postizzi dice di essere lui l'azionista di maggioranza della Flat Point Development Limited.
Lo schema societario dovrebbe essere all'incirca questo:
  1. La Kappomar Holding Nv e la Emerald Cove Engineering controllano la Flat Point Development Limited.
  2. La Flat Point Development Limited controlla l'Emerald Cove Group.
  3. L'Emerald Cove Group controlla a sua volta l'Emerald Cove Resort.
Strano che un avvocato, nel ruolo d'immobiliarista, faccia shopping a Milano, in Città Studi, e non a Torino dov'è registrata la società.

Qua un'altra bolla di spedizione di materiale edile, entrambe sono datate Ottobre 2007, esattamente un mese dopo l'acquisto dei terreni da parte di Berlusconi .

Qui invece una bolla di spedizione, datata Maggio 2006, con materiale cementizio .

ANTIGUA su IL PACCO QUOTIDIANO

ANTIGUA su IL PACCO QUOTIDIANO-Jawas

22 ottobre 2010

Annozero e il minutaggio dei progammi

Eppure non era difficile da capire.
Il Tg Zero ha preso come esempio il Tg1 di Minzolini, Porta a Porta che è editorialmente omogoneo al Tg1 e Uno Mattina che è prodotto in collaborazione con la redazione del Tg1.
Il minutaggio settimanale è nettamente a favore dei programmi filogovernativi visto che Report, AnnoZero e Ballarò vanno in onda 1 volta a settimana.
La manfrina che ci sono solo programmi di "sinistra" è una cavolata, si può dire che sono i più visti perché sono i format migliori e quindi la qualità paga, come sempre. 

21 ottobre 2010

La casa di Antigua è stata comprata con i soldi degl'Italiani.


Fonte la Repubblica-Giornalettismo
I governi italiani guidati da Silvio Berlusconi sono stati (non troppo a sorpresa) i più generosi creditori del governo di Antigua. Condonando in splendida solitudine a fine 2004 quasi il 90% del debito dell´isola caraibica con Roma e facendo lobby presso le organizzazioni internazionali per le due grandi ristrutturazioni - una nel 2005 e l´altra di poche settimane fa - della sua esposizione estera.
Il Cavaliere si era impegnato in questa operazione in prima persona nel 2005. Il 16 settembre, incontrando il presidente Baldwin Spencer alle Nazioni Unite a New York, aveva promesso di lavorare «per ridurre gli impegni finanziari di Antigua con il resto del mondo» confermando in quella occasione di aver avviato la costruzione di quattro case per i figli a Non Such Bay.
In realtà Berlusconi aveva già fatto qualcosa di più. A fine 2004, come annunciato dal ministro delle finanze caraibico Error Cort, l´Italia aveva cancellato il 90% del suo credito verso Antigua e Barbuda riducendolo da 500 milioni di dollari locali (allora qualcosa come 150 milioni di euro) a 50 milioni.
L´intesa - negoziata dal sottosegretario agli Esteri Mario Baccini in una serie di incontri bilaterali - era stata raggiunta appena prima di Natale a Roma e Spencer aveva pagato la prima tranche di 25 milioni proprio il 24 dicembre saldando poco dopo il resto.
I prestiti tricolori - garantiti in buona parte dalla Sace - risalivano agli anni ‘80 e sarebbero stati utilizzati per la costruzione del Royal Antigua Hotel, per la rete elettrica nazionale e per Heirtage Quay, un duty free a St. John´s, tutti costruiti da imprese e operai italiani. Gli stessi che nell´88 hanno costruito con i soldi di Roma il K Club, resort voluto dalla stilista Krizia, all´epoca vicinissima ai socialisti di Bettino Craxi.
Quello di Berlusconi è stato di gran lunga il regalo più generoso ricevuto da Antigua. Il prospetto di un bond emesso dal Tesoro locale nel 2007 ricorda infatti che nel 2005 il debito nazionale si era ridotto di poco più di 500 milioni di dollari locali grazie alla cancellazione dell´esposizione e alla ristrutturazione sugli interessi concordata a fine anno con altri paesi.
L´isola è stata costretta però a tornare a batter cassa con i creditori nel 2009 quando la crisi ha riacceso la spia dell´allarme sulle casse pubbliche. Il Fondo monetario ha approvato a inizio 2010 un piano d´aiuti e il Paris Club, l´organismo internazionale che si occupa di queste trattative, ha allungato le scadenze sul debito di Antigua (500 milioni di dollari più altri 133 milioni di interessi scaduti). Il progetto congela i prestiti per i prossimi cinque anni e pospone al 2022 la loro scadenza.

20 ottobre 2010

Milano illumina le strade delle ville del premier ad Antigua

Il Fatto Quotidiano » Giustizia & impunità » Milano illumina le strade delle ville del premier ad Antigua
 Le strade che portano alle cinque ville di Silvio Berlusconi ad Antigua sono state illuminate a spese dei milanesi. Un accordo siglato nel marzo 2008 tra il sindaco, Letizia Moratti, e il governo guidato da Baldwin Spencer, impegna infatti la città di Milano a inviare fondi per l’illuminazione delle strade, così da garantire una maggiore sicurezza nel paradiso fiscale; individuare e finanziare un progetto di ricerca per salvare la barriera corallina e tutelare le risorse marine e costiere; costruire una scuola di calcio con un impianto sportivo completo, realizzare corridoi di transito per la navigazione commerciale e un centro di canottaggio. Opere da realizzare intorno ad Emerald Cove, la collina in cui sorgono le cinque ville del presidente del Consiglio italiano. Tutto ciò risulta dai documenti del Governo di Antigua, rintracciabili sul sito della repubblica caraibica.
Nell’accordo, inoltre, Moratti si impegnò formalmente anche a rafforzare i collegamenti aerei, investire nei mezzi di trasporto locali, intensificare gli scambi commerciali e creare delle borse di studio riservate agli universitari provenienti da Antigua e Barbuda per laurearsi negli atenei milanesi. Un accordo a senso unico, che non prevede alcun beneficio per la città di Milano. Ma che fu siglato in vista del voto al Bie per aggiudicarsi Expo 2015 contro Smirne. Persino Spencer si disse “grato della generosità del sindaco Moratti e del Comune di Milano”.
Va detto che Antigua è una piccola isola, povera di infrastrutture. Saint John’s, capitale e sede del Governo, conta 35.650 abitanti. La rete stradale si estende per circa 50 chilometri di vie asfaltate. Da Saint John’s al capo opposto dell’isola, English Harbour, vanno percorsi appena 18 chilometri. Mentre per raggiungere la collina di Emerald Cove, affacciata su Nonsuch Bay, se ne devono percorrere poco più di 16. L’illuminazione delle strade di Antigua è considerata una notizia dai giornali locali: il servizio realizzato dalla tv caraibica Abs News è stato ripreso e pubblicato sul canale youtube del Governo per pubblicizzare i traguardi raggiunti. Il video mostra chiaramente anche lo stato delle strade di collegamento. Nel progetto Spencer è riuscito a coinvolgere, con Libia e Marocco, anche Cina, Spagna e Italia.
Il 13 marzo 2008 fu lo stesso primo ministro di Antigua a comunicare di aver ricevuto la conferma scritta “dal sindaco del comune di Milano, Letizia Moratti, che la sua amministrazione è pronta a avviare l’attuazione immediata di una serie di iniziative nei settori dell’istruzione, sport, delle risorse marine e costiere, e il rafforzamento dei collegamenti aerei e di altri mezzi di trasporto”, si legge in una nota del governo diramata all’epoca che dava notizia dell’accordo. Stretto, scrisse, grazie al “nostro ambasciatore delle Nazioni Unite John W. Ashe”, ritratto in una foto mentre stringe la mano a Letizia Moratti.
Spencer annunciò che avrebbe ospitato un gruppo di studio proveniente da Milano in visita ad Antigua per “incontrare i funzionari locali, al fine di definire le modalità di attuazione delle iniziative”. Il primo passò fu il finanziamento e l’installazione dei lampioni. “Con questo impegno, il Comune di Milano diventa il terzo partner, insieme a Libia e Marocco, ad aver contribuito a questa importante iniziativa”, continuò Spencer.
Di questo traguardo, Moratti non ha mai parlato né dato notizia attraverso il suo ufficio stampa. L’unica dichiarazione in merito la riporta sempre il sito del governo di Antigua. “Sono lieta che il mio comune possa contribuire a questa iniziativa, che rientra nella lotta alla criminalità nel vostro paese”, ha detto il sindaco che, sempre secondo quanto riporta il sito, ha “anche ringraziato l’Ambasciatore Ashe per il modo professionale con cui ha perorato le motivazioni del governo di Antigua e Barbuda”. Nel comunicato del Governo guidato da Spencer è ricordato come il sindaco di Milano sia “sposata con il magnate del petrolio Gianmarco Moratti, fratello di Massimo Moratti, proprietario dei giganti del calcio italiano dell’Inter”. Elementi rilevanti, considerato anche l’impegno a sviluppare scambi commerciali e realizzare un “impianto di calcio per formare giovani calciatori in tutta la regione orientale dei Caraibi”.

Non è possibile sapere a che punto siano i lavori, né a quanto ammontino gli stanziamenti già avviati. Nel sito del Comune di Milano non è rintracciabile alcun documento relativo all’accordo con Antigua e sull’argomento, a Palazzo Marino, il riserbo è massimo. Il sindaco Moratti, interpellato ieri da ilfattoquotidiano.it, ha risposto di non saperne niente. In tarda serata i suoi collaboratori hanno fatto marcia indietro: “Sì, l’accordo è stato effettivamente siglato nell’ambito delle iniziative volte all’assegnazione dell’Expo di Milano, ma non ci risultato spese o progetti portati avanti dal comune nell’isola”. A parte, prosegue la versione ufficiosa del sindaco, “un progetto da 140mila euro sviluppato dalla fondazione ‘Milano per l’Expo’”. Il portale del governo caraibico, ben più trasparente di quello meneghino, non riporta l’ammontare dell’impegno economico ma elenca punto per punto gli impegni previsti dall’accordo. E si aspetta siano rispettati.
Al momento l’obiettivo raggiunto, secondo quanto riportato dal sito, risale al febbraio scorso ed è relativo al rafforzamento dei collegamenti aerei dall’Italia, promesso da Moratti nel 2008 e mantenuto: la compagnia aerea Livingston, riporta il sito di Antigua, “aumenterà in modo significativo i voli charter da Milano dal primo settembre 2010 così da aumentare ulteriormente la presenza di turisti italiani sull’isola già cresciuta grazie alla trasmissione televisiva Donnavventura registrata sull’isola” e mandata in onda su Rete 4. Ma l’impegno non ha avuto seguito perché dal 14 ottobre scorso l’Enac ha sospeso la licenza di trasporto aereo a Livingston. I vertici della società sono stati convocati dal neoministro allo sviluppo economico, Paolo Romani, ma ad Antigua ancora non è stato comunicato.

18 ottobre 2010

Dall'Abruzzo post terremoto ad Antigua stesso architetto con case diverse

pag. 8-pag.12
che ha anche costruito le costosissime case del post-terremoto abruzzese,
espone pure le ville di Antigua della famiglia Berlusconi.

«Metterò a disposizione tre delle mie case per gli sfollati dell' Aquila» S.B. ipse dixit.
Ora abbiamo capito cosa voleva dire.
Update:
La palazzina che si vede in foto fa parte del progetto C.A.S.E.
Gli edifici furono vinti in appalto pubblico dalla Cosbau-Damiani-Perini,
aziende che ottennero l'ultimo punteggio utile nel bando pubblico.
Costruiti in tempo record, gli edifici si trovano a Cese di Preturo
e furono inaugurati in pompa magna da Berlusconi
in data 29.09.2009(giorno del suo compleanno).
Le villette, invece, sono state donate dalla Provincia di Trento al paese di Onna,
inaugurate anch'esse da Berlusconi in data 15.09.2009.
Come può un'impresa ottenere il progetto di costruire un villaggio turistico  ad Antigua 
nella zona di Emerald Cove-Nonsuch Bay,
  vincere con l'ultimo punteggio utile 2 lotti per la ricostruzione nel progetto c.a.s.e. e,
infine,  ottenere pure la commessa per la donazione delle villette di Onna
da parte della Provincia di Trento ?
Log Engineering, che nella sua storia vanta una lunga tradizione di progettazione ed esecuzione di case private, villaggi turistici e edilizia sociale, per alcune fonti giornalistiche avrebbe progettato (e per alcuni anche realizzato) le ville che oggi fanno parte dell'Emerald Cove, il villaggio extralusso di Antigua nel quale ha comprato casa, stando alle notizie riportate, anche Silvio Berlusconi. In realtà, come spiega l'arch. Lorenzo Perini, a suo tempo (1994) venne presentato uno progetto e relativo studio di fattibilità che poi non ebbe nessun seguito.  Il progetto, già nel 1994, prevedeva comunque un’avveniristica tecnologia per abitazioni prefabbricate in legno da spedire via container ad Antigua. Tutto qui.
Nell'articolo allegato troviamo

la spiegazione del malinteso rilasciata al quotidiano il Trentino.
 Da questa cartina si deduce che il progetto prevedeva una massiccia
"cementificazione" della zona,
gli edifici ( hotel-ville-appartamenti) che dovevano essere  costruiti sono segnati in giallo, il campo da golf in verde e sulla costa era prevista la costruzione del porticciolo turistico.
Quest'operazione immobiliare è simile ad altri progetti realizzati nella stessa zona da parte di "La Perla" e della "Flat Point Ltd Emerald Cove Group".
 La Flat Point Development Ltd è controllata a sua volta dalla società Emerald Cove Engineering NV con sede a Curacao.
I terreni della Flat Point furono acquistati dal gruppo Maltauro
  (quindi il gruppo Maltauro, secondo il racconto dell'avvocato Postizzi nelle veci del ruolo d'immobiliarista,  comprò i terreni , circa 29 acri, e vendette tutto alla Flat Point nel 2001 per un valore dichiarato di 700.000€, Berlusconi comprò 4 acri dalla Flat Point con un movimento di 20 milioni di €),
impresa che ottenne ben 5 lotti e 25 edifici nell'appalto pubblico del progetto c.a.s.e..
La S.T.I.M srl ( Farenergies), con sede a Segrate, 
ha sviluppato la rete elettrica della zona per conto dell'Emerald Cove Resort .

Fulvio Abbate: Abissi dal pomeriggio

Il Fatto Quotidiano » Blog Media & regime » Abissi dal pomeriggio
Era tempo che desideravo parlare un po’ della cosiddetta tv del pomeriggio. Un flusso che procede a reti unificate, fra commenti ai minimi sistemi della cronaca e del costume, toccando talvolta picchi solenni, e poi via fino a saltare alla linea successiva che ti deposita nello studio di “Uomini e donne”, dove c’è nuovamente modo di assistere a un simposio sui gusti correnti, sulla militarizzazione spettacolare berlusconiana che, temo, immaginare un modo acefalo a misura di villaggio turistico.
Ecco, è di questo paesaggio desolante che avremmo voluto trattare, soffermandoci, come in una via crucis che avanza sotto una nube di paillettes, su ogni singolo obbrobrio, certi d’essere comunque gli sconfitti, i fessi che, scrutando la cosiddetta televisione del pomeriggio, immaginano che lì dentro, parafrasando un signore che accennava a “introdurre elementi di socialismo”, nel nostro caso si tratterebbe, più banalmente, di elementi di semplice buon gusto. Così, finché non ci è giunta una lettera, in forma di sfogo, di supplica.

Eccola: “Gentile Fulvio, le scrivo da comune spettattore tv e da operatore del settore. Lavoro in un programma del pomeriggio come programmista regista. Dalla famosa serata di mercoledi di ‘Chi l’ha visto?’ la trasmissione quotidiana per cui lavoro non ha mollato per un attimo la triste vicenda di Sarah. Ogni giorno, uno spazio di un’ora in cui, anche quando non c’era più niente da raccontare, un criminologo, una psicologa, un giornalista (quasi sempre di ‘Libero’), commentatori titolati come X o Y, stanno lì a rigirare il coltello nella piaga, facendo congetture, ipotesi di fantasia, disamine di comportamenti contraddittori dei famigliari di Sarah, mentre vanno in onda ripetutamente le immagini e le interviste già viste un milione di volte, ed estenuanti collegamenti con Avetrana. E dibattono senza averne alcun titolo, dal momento che non ci sono novità da parte degli inquirenti, sostanzialmente disinformando. E non si molla, perché finché c’è da spremere si spreme.
Le scrivo non tanto per avere comprensione ma per sottoporle un problema che, a mio avviso, non viene quasi mai preso in considerazione dalla stampa. Il problema si chiama Tv del pomeriggio. E’ micidiale e si rivolge a un pubblico sensibile, fragile, condizionabile, fatto di casalinghe, pensionati, disoccupati, sfaccenda-ti giovani e vecchi. Comunque tutta gente che poi va a votare. Il lavoro che fanno trasmissioni come quella per cui lavoro è molto efficace, distogliere dai problemi come il lavoro e la disoccupazione ma anche dare un’idea aberrante di questioni sociali tipo: immigrazione, scuola, comportamenti giovanili, sessualità, aborto, fecondazione eterologa… E perciò si rimane con i soliti rassicuranti amiconi, quasi un salotto della nonna dove c’è la zia pettegola, lo zio fascista, il nonno brontolone e l’amica di famiglia moralista…
Non sono innocue queste trasmissioni. Guardi e scriva di noi. Mi scusi se mi sono permesso di invadere la sua posta con il mio lungo sfogo, ma lavoro in tv da una ventina d’anni e non mi sono ancora stancato di immaginarmi programmi che rispettino di più l’intelligenza e la dignità delle persone”.
Grazie, in questo caso, lo diciamo noi.
www.teledurruti.it
Fulvio Abbate

16 ottobre 2010

Giro di Lombardia leghista


Gilbert vince sotto la pioggia e all'arrivo c'erano solo bandiere leghiste, neanche una italiana.
Il logo della corsa è cambiato l'anno scorso in peggio con una bici stilizzata e una ruota con al centro la croce elvetica e dei petali che ricordano 'sto cazzo di sole delle alpi.
La coppa o il primo premio invece è nuovo di zecca. L'anno scorso era un coso di plexiglass a forma del nuovo logo, evabbè, quest'anno invece una ruota con al centro il sole delle Alpi camuffato.
Perchè utilizzare un simbolo che con Milano, Como e la Lombardia non c'entra niente ?

Montecarlo, la Farnesina e quelle mail sul console di St. Maarten

libero 13-10-2010 clicca qui per ingrandire

Ecco la smentita alle illazioni dei giornali berlusconiani riguardo un potenziale coinvolgimento di Fini nella nomina consolare di Corallo.

Al punto 4 Giampiero Massolo dice di aver ricevuto la richiesta da parte di una persona esterna alla Farnesina e il tutto si è svolto all'insaputa di Frattini.
Strano visto che le richieste via email erano pressanti e insistenti e il CV di Corallo era facilmente reperibile anche in Italia senza stare a scomodare il console di Miami Rocca.
Frattini Massolo
Massolo quindi specifica il suo ruolo di diplomatico super partes ma non dice chi gli abbia consigliato questa nomina alquanto inopportuna.

Chi voleva la nomina di Corallo a console di St. Marteen?
 Perché Corallo può fare ciò che vuole sia ai Caraibi che in Italia?
Non sarebbe il caso di ritirargli la concessione delle slot-machine visto la non trasparenza della sua società -Atlantis- e il mancato pagamento di miliardi di € di tasse?

15 ottobre 2010

14 ottobre 2010

Tutto pronto per il trasloco al “Formigone”

Il Fatto Quotidiano » Politica & Palazzo » Tutto pronto per il trasloco al “Formigone” costato 200 mln più di quanto dichiarato
La nuova sede della Regione Lombardia, realizzata in tempi record per 609 milioni di euro, da domani ospiterà i dipendenti oggi sprasi in diversi palazzi milanesi. Lasciando liberi 40mila metri quadri di uffici.




E’ tutto pronto a Milano per il trasloco della Regione Lombardia. A partire da metà ottobre, il nuovo grattacielo più alto d’Italia, già scherzosamente chiamato “il Formigone”, aprirà le porte ai dipendenti degli assessorati alla Sanità e all’Istruzione e Lavoro, e nel 2011 sarà inaugurato in pompa magna dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Costato 200 milioni più di quanto dichiarato ufficialmente. Uno spreco, anche considerato che resteranno liberiliberi 40mila metri quadri di uffici oggi occupati dai dipendenti della Regione in vari palazzi in città.
La querelle estiva tra Giulio Tremonti e Roberto Formigoni, con il ministro dell’Economia che accusava il governatore lombardo di aver speso troppo, è lontana; ma rimane il dubbio sollevato da Tremonti: la nuova sede è davvero necessaria? Per il presidente Formigoni sì, è un’opera fondamentale “perché ci permette di risparmiare rispetto a quello che sono gli affitti”. Ma i bilanci e l’opposizione in consiglio regionale, già dal 2003, raccontano un’altra versione.
A partire dal costo: 400,4 milioni di euro in conto capitale, cioè risorse proprie della Regione, dichiara la giunta. In dettaglio, per la costruzione e gli allacciamenti sono stati spesi 263,3 milioni di euro e 78 per oneri e urbanizzazione e acquisto dell’area. Eppure nel comunicato stampa del 30 aprile 2004, all’indomani della scelta del progetto, Regione Lombardia dichiarava 175 milioni. Perchè una crescita di 88 milioni? “Probabilmente era una stima iniziale”, risponde l’ufficio stampa del Pirellone. Ma analizzando i bilanci annuali di Regione Lombardia sotto la voce “spese per acquisto beni immobili e attività connesse all’acquisizione della nuova sede”, si scopre il valore reale dell’opera. Nel 2003 vengono accantonati più di 35 milioni di euro, 56 per il 2004, quasi il doppio nel 2005 con 105 milioni. E si continua fino a 161 milioni del 2009.
Il costo totale si scopre solo con l’ultimo bilancio del 2010: il conto finale sfiora i 610 milioni di euro, soldi negli anni sottratti ad altri capitoli di spesa come sanità, istruzione, edilizia popolare. Di questi soldi, 182 milioni sono stati usati per acquistare il polo Taramelli-Rosellini-Pola dove spostare provvisoriamente gli assessorati durante la ristrutturazione del grattacielo Pirelli.
“Colpisce la mancanza di trasparenza nelle procedure e voci di spesa”, commenta Marcello Saponaro, ex consigliere regionale dei Verdi, “che fa diventare un terno al lotto perfino sapere il costo finale del nuovo Pirellone”. Anche per gli affitti i conti non tornano: 25 milioni di euro risparmiati con l’accorpamento nella nuova sede è la stima della Regione, ma dal rendiconto 2009 risultano pagati “solo” 13 milioni di euro per affitto dei locali della Giunta. A questi sono da aggiungere i canoni per le altre società regionali: Ersaf, Navigli Lombardi, Iref, Ilspa, Irer, Cestec, Finlombarda, Arpa, Lombardia Informatica, oltre che quello della sede del Consiglio regionale. L’ufficio stampa della Giunta però non rilascia informazioni su dove trovare queste spese in bilancio, né informa sui metri quadri occupati dalle varie società. Anzi, aggiunge la beffa: “Se riesci a trovare queste voci in bilancio sei bravo”.
Al di là dei costi, la domanda centrale resta: perchè una nuova sede per un ente che si vanta di avere solo tremila dipendenti? Tutto è iniziato nel 2002 con l’incidente dell’aereo che si è schiantato sul Pirellone. I successivi lavori di ristrutturazione hanno portato al trasferimento di alcuni assessorati della Giunta regionale nel polo di Taramelli-Rossellini-Pola. Con il trasloco si fa avanti l’idea di Formigoni di costruire un nuovo Pirellone. Nel 2008 si apre il cantiere per un grattacielo di 161 metri, costruito dal consorzio Torre dei colossi Techint, Sirti e Cmb Costruzioni. E Impregilo, tristemente famosa per l’inceneritore di Acerra in Campania e l’ospedale San Salvatore de L’Aquila, inagibile al 90 per cento dopo la scossa che ha devastato l’Abruzzo.
A gennaio 2009 un passo falso: la Procura di Milano apre un’inchiesta per presunte tangenti. Il costo dell’appalto del nuovo palazzo della Regione è stato “ampliato a dismisura rispetto ai costi iniziali”, secondo l’accusa. Grazie a una strategia concertata da Infrastrutture lombarde spa, holding di Regione Lombardia e stazione appaltante, con il coinvolgimento dei dirigenti del consorzio Torre. Indagine però morta sul nascere e archiviata a dicembre. Oggi con l’apertura del nuovo grattacielo, chiamato “l’Altra sede”, si libereranno molti uffici nelle sedi di via Pola, Taramelli e Rossellini. Anche il grattacielo Pirelli scenderà da 1200 a 800 dipendenti. La stessa Giunta infatti, con la delibera 8777 del 22 dicembre 2008, si chiede come impiegare gli spazi vuoti. Spunta la “possibilità di utilizzo di altri soggetti del Sistema come Aler di Milano”. Perchè nonostante la riorganizzazione di tutti gli uffici milanesi di Regione Lombardia (e società controllate), resteranno vuoti ben 40 mila metri quadri. Diecimila in più di quelli disponibili per gli uffici nel nuovo grattacielo di Formigoni.

13 ottobre 2010

Luca Telese: Lula, il Brasile (e io)

Il Fatto Quotidiano » Blog Mondo » Lula, il Brasile (e io)

Voglio raccontarvi come andò. Nel 2003 ero volato in Brasile a seguire Sergio Cofferati per il mio giornale (all’epoca si diceva che il Cinese potesse era uno dei possibili leader del centrosinistra, lo marcavo a uomo in tutto il mondo). Cofferati era stato invitato alla “Posse”, la festa per l’insediamento del nuovo presidente del Brasile, appena eletto. Mi ritrovai quasi per incanto in una città incredibile, in un giorno irripetibile, in un bagno di folla popolare, multietnica e carica di speranza: corazzieri mulatti, indios, sin terra, borghesia illuminata, giovani, bandiere rosse.
Quel giorno, un paese di 150 milioni di abitanti e trenta etnie sembrava stringersi intorno a Luis Ignacio Cavaco da Silva detto “Lula” (cioè “il calamaro”) e al suo carisma, convinto che il Brasile sarebbe potuto cambiare. I giornali europei dedicavano all’evento i soliti avarissimi trafiletti: esotismo, storie tropicali, chissenefrega. Mi ritrovai davanti a “Planalto”, il palazzo Presidenziale incastonato nel cuore della meravigliosa Brasilia monumentale, ad ascoltare il discorso di insediamento di Lula. Dall’altra parte del mondo, ma convinto di essere al centro del mondo. Lui parlava in portoghese, e io non conosco il portoghese. Ma dopo cinque minuti mi sembrava di capire ogni parola, e mi chiesi se non fossi stregato dal suo carisma al punto da avere percezioni alterate. Lula parlava da sopra il tetto del Palazzo, davanti a se una folla sterminata, e stava scandendo un discorso di grande utopia riformista. Aveva ripercorso la sua vita scherzando con sua moglie Marisa, che gli era accanto, alternando amarcord e battute: “Io prima di vincere ho perso quattro volte…. E tu Marisa ti ricordi cosa succede, quando perdi: non ti chiama più nessuno. La quarta volta restammo inchiodati sul divano, e ci chiedemmo: ‘Cosa ci resta da fare?’. E tu Marisa mi avevi risposto: ‘Continuiamo a combattere, è l’unica cosa che sappiamo fare’”. Che fosse vero non c’erano dubbi.
Lula era nato nel Pernanbuco, lo stato più povero del Brasile, era emigrato a San Paolo sul “Pao de Arara” (il carrettino dell’emigrante che è come una gabbia di pappagalli, cantato in una meravigliosa canzone da Gilberto Gill). Era stato arrestato durante gli anni della dittatura, era riuscito a fare il sindacalista e poi a inventarsi un partito, il Pt. Per anni gli avevano detto e scritto che non parlava bene il portoghese, che era un bifolco e che era troppo marxista. E lui, quando gli chiedevano che modello avesse in testa, rispondeva: “Il Pci di Enrico Berlinuger”.
L’Italia, e il Pci, li aveva conosciuti da semi-esule, quando girava l’Europa dormendo nei divani letto dei tinelli, nelle case degli amici sindacalisti. E adesso si toglieva la soddisfazione di invitare quattro di quei vecchi compagni di lotta, alla sua festa. Quel giorno dal terrazzo di Planalto, Lula disse che avrebbe fatto il presidente con un unico obiettivo. Abbattere la povertà, fare in modo che “ogni brasiliano, alla fine del mio mandato, possa fare tre pasti al giorno”. Il discorso dei “tre pasti” me lo riportai sigillato nel cuore, al ritorno in Italia, con l’idea che andava benissimo anche per le nostre sinistre esangui e pseudo-riformiste. Sull’onda dell’entusiasmo cucinai insieme ad un amico idealista quanto me – Oliviero Dottorini – una biografia-lampo che raccontava chi era Lula, cosa fosse il suo partito, la storia di quello che avevo visto, e alcuni cenni per capire cosa fosse il Brasile.
In quel libro – forse un po’ ingenuo, ma pieno di passione – c’era la Brasilia che avevo visto. Una città costruita tra il 1956 e il 1960 in quattro anni, con un impegno economico che ancora oggi è responsabilità di metà del debito del paese. Mi ritrovai in questi quartieri fantascientifici, in un incredibile paradosso politico temporale. La città costruita da un architetto e un urbanista comunisti (Oscar Niemeyer e Lucio Costa) era stata poi inaugurata dalla dittatura. E allora (nel 2003) veniva restituita, anche simbolicamente, ad un presidente con un passato da detenuto politico. Ricordo che contemplavo la terra rossissima della città, il verde della vegetazione tropicale, il rosso delle bandiere, e mi chiedevo: come potrà farcela? Il libro su Lula, che l’editore Castelevecchi ci pubblicò (ovviamente senza darci una lira). “Lula, l’uomo che vuole cambiare il Brasile e il mondo” ricevette una sola recensione, da il manifesto. E ovviamente fu una stroncatura feroce e irrimediabile: il giornalista che firmava il pezzo, Maurizio Matteuzzi – grande conoscitore di quel paese – ci trattava quasi con disprezzo, ci accusava di essere dei govani presentuosi, ingenui e analfabeti, di esserci fatti abbacinare dal lulismo e di non aver capito nulla. Lui, ex giornalista sessantottino, che studiava da una vita quel paese, non poteva concepire che noi in un mese, avessimo avuto l’ardire di raccontarne un frammento. Pensai, e non mi sono ricreduto, che il nonnismo è una delle malattie fatali della sinistra italiana. E mi chiesi perché non lo avesse scritto lui, quel libro, invece di demolire il nostro. Ma erano dettagli. Sulla quarta di copertina Castelevecchi cesellò uno strillo azzeccatissimo su Lula: “Finalmente uno che dice cose di sinistra”. Profetico. Il libro andò esaurito, Alberto non ci pagò una lira di diritti, ma ne io né Oliviero abbiamo mai dato il minimo peso alla cosa, anzi: eravamo riconoscenti perché nessun altro ci avrebbe pubblicato quell’instant book.
Sono passati otto anni, da allora, due mandati elettorali, un’altra vittoria. Oggi, mentre la legge gli impedisce di correre di nuovo, Lula sponsorizza una “sua” candidata- Dilma Rousseff – un’altra ex guerrigliera che ha preso il 47 per cento dei voti, e che fra pochi giorni (salvo colpi di scena improbabili) quasi sicuramente rivincerà. La popolarità di Lula è all’ottanta per cento. Come Mandela, come Ghandi. Come quelli che nella storia partono da una condizione di minorità e ribaltano il senso delle cose, sfondano il muro del suono, diventano bandiere collettive, perché nella loro vita non hanno mai ammainato i propri ideali: “Io non sono figlio di un’elezione – aveva detto quel giorno Lula – io sono il prodotto di una storia, di tutti quelli che prima di me hanno combattuto, senza vincere”. Come sarebbe bello, penso ancora oggi, se la sinistra italiana sentisse risuonare dentro di se queste parole, e non i miserabili lessici dei governissimi, dei pasticcetti politici, dei ma-anche e del deserto degli ideali. Come sarebbe bello se si liberasse di una genìa di funzionari in grigio senza carisma e senza palle, se la smettesse di sognare Montezemolo e Profumo.
Tutti i tg di ogni segno e colore – quando si è votato per il primo turno – ci hanno dato un piccolo numerino, una statistica che ci aiuta a spiegare le radici di quel successo. In Brasile, negli anni di Lula, l’economia è esplosa, le favelas sono state ricostruite con soldi pubblici, il programma “fame zero” (inizialmente irriso dai commentatori internazionali) ha contribuito a portare 35 milioni di persone dalla povertà al benessere. Ha dato una possibilità agli stessi ex poveri che ho sentito dire al Tg1: “Io voto l’amica di Lula”. Ma anche alla classe media che ha visto raddoppiare il potere d’acquisto del Real ed esplodere i suoi consumi. Non tutti sanno, per esempio, che la Fiat realizza i suoi profitti non in Europa ma in Brasile. Ecco, vedo tutto questo e sono contento di aver scritto quel libro, di aver ricevuto quella stroncatura nonnistica da un giornalista della archeo-sinistra, di essere tornato in Brasile, di aver concepito lì mio figlio, di avere costruito una muraglia di cd di Bossa Nova nella mia libreria, di aver avuto le orecchie e il cuore per avvertire che quel giorno mi ero ritrovato nel punto in cui frigge la storia. Ho scritto una biografia di Lula avendolo visto cinque minuti, in fila nel palazzo presidenziale, per stringerli la mano, quel giorno che mi ero incollato alla giacca di Sergio Cofferati. Si può partire per un un posto, ed approdare in un altro che non era nemmeno nelle mappe. E scoprire davvero che Lula sarebbe diventato come Allende, come Mandela, come Ghandi. Uno dei leader che invece di farsi cambiare dagli eventi, riescono a cambiare il mondo che hanno intorno a loro e a piantare la loro orma nella polvere della storia. Che poi, in fondo, il lavoro della sinistra è questo, no?

12 ottobre 2010

Giampiero Massolo e Frattini

Frattini Massolo dicembre2008
L'indirizzo da cui è stata spedita la email che chiedeva informazioni su una possibile investitura consolare riguardante Francesco Corallo è l'ufficio del potente diplomatico Giampiero Massolo, amico e collaboratore di Frattini.
Massolo ha una lunga carriera  diplomatica iniziata nel 1978 ed è arrivato all'apice del ministero degli Esteri grazie agli ultimi Governi Berlusconi, non appartiene a nessun partito e ha resistito a tutti i cambi di legislatura a suon di promozioni.
Ecco il testo dell'email:
«Caro Marco, cara Sarah (il primo è Rocca, il console a Miami, la seconda una diplomatica italiana, ndr), è stata sottoposta al segretario generale l'aspirazione del signor Francesco Corallo a candidato quale console onorario a Philipsburg, capoluogo olandese dell'isola di Saint Marteen, nelle Antille Olandesi. Sarebbe opportuno al riguardo avere vostri elementi di massima per poter preparare una risposta. Allego sintesi della questione sulla base delle informazioni raccolte (...)».

Questa e altre email sono oggetto d'indagine da parte della Dea e dell'Interpol e ora sono di competenza dei magistrati italiani in quanto alle email sono seguite minacce e attentati. La trama s'infittisce.


I FATTI Tra maggio e giugno scorso, prima dell’esplosione del caso Fini-Montecarlo, il ministero degli Esteri, rivela Formigli, tentò di nominare Console onorario di Saint Marteen, Francesco Corallo, figlio di Gaetano, il malavitoso catanese amico di Nitto Santapaola, già condannato a sette anni e mezzo per associazione per delinquere.
Per questo furono inviate due mail da un funzionario della Farnesina al Console generale italiano a Miami, Marco Rocca, in cui si chiedevano informazioni su Corallo e si spingeva per la nomina. Il diplomatico si oppose, si vide bruciare l’auto della moglie, infine ricevette una lettera di minacce.

Next Link: Qui le spiegazioni di Giampiero Massolo alla vicenda.

La saga Fini-Berlusconi

I Simpson & Banksy

09 ottobre 2010

" A quelli come te c'è solo da spaccare la faccia " F.Facci ipse dixit

Ieri sera, quando ho letto la risposta di Facci a un commento innocente di un suo lettore, son rimasto stupito.
L'argomento trattato nel blog di Facci sul Post era la questione Porro e l'attentato a Belpietro.
Una pappardella in cui difendeva i suoi amici con argomenti non troppo convincenti.
Ora, a distanza di 24 ore, Facci non ha chiesto scusa e ha chiuso i commenti al suo blog.
Sinceramente potrei stare a spiegare che non si può attaccare Facci ogniqualvolta  che scrive in difesa della destra berlusconiana e che alla fine il blog è suo e ci può scrivere quello che vuole.
Però quel commento senza successive scuse mi fa scendere il personaggio a livelli infimi e quindi lo faccio rimbalzare in rete per antipatia personale visto che io c'ho provato a capire le sue ragioni ma ora proprio non riesco a trovare argomenti a suo favore.

08 ottobre 2010

Francesco Corallo e la marionetta Tulliani

L'affaire Montecarlo non è uno scandalo di second'ordine per silurare politicamente Fini.
Questo bilocale è il simbolo di una politica fondata sul ricatto, sullo scambio di favori e su miliardi di €uro.
Tulliani è solo l'arma di ricatto dei berlusconiani per tenere Fini sotto scacco nel caso in cui si fosse smarcato dalle posizioni governative e partitiche.
Tulliani è solo una marionetta nelle mani di Walfenzao e del suo socio Corallo, persona in cerca d'immunità diplomatica come console nell'isola di St. Maarten.
Questo non è un affare di cucine e bilocali, questa è una storia di concessioni miliardarie, riciclaggio di soldi, bombe e minacce.
L´affaire Montecarlo è nato a Miami. Lì è stato concepito e sempre lì, alla fine, è approdato. Secondo indiscrezioni della Procura romana, nei giorni scorsi sarebbe stato acquisito un rapporto della Dea statunitense, collegata all´Interpol, nel quale si segnala una serie di pressioni per far ottenere la carica di console onorario italiano presso l´isola di San Marteen, altro paradiso fiscale dei Caraibi vicino a Santa Lucia, a Francesco Corallo.
Si tratta del figlio del più noto Tanino, legato al boss catanese Nitto Santapaola, già latitante e condannato a sette anni di carcere per associazione a delinquere. Il nome di Francesco Corallo sarebbe stato suggerito in tre occasioni. Le segnalazioni via mail, con il tempo diventate quasi un ordine, sarebbero partite dalla Segreteria generale della Farnesina nel maggio scorso, due mesi prima che il caso Montecarlo scoppiasse sui giornali.
Destinatario delle pressioni il console italiano di Miami, Marco Rocca.
Nel rapporto della Dea sarebbero state allegate le mail scambiate tra alcuni alti funzionari del ministero degli Esteri italiano e il nostro rappresentante in Florida.
Rocca, stando alle indiscrezioni raccolte, avrebbe sottolineato subito le sue perplessità ad una nomina così poco opportuna. E davanti alle reiterate insistenze della Farnesina avrebbe alla fine opposto un secco rifiuto. Non sappiamo se si tratta di una casualità. Ma leggendo le cronache di Miami si scopre che proprio in quei giorni il console italiano è rimasto vittima di un misterioso attentato. La sua auto è stata avvolta dalla fiamme e la moglie che si trovava alla guida si è salvata per miracolo.
Nei giorni successivi sarebbero giunte al suo telefono altre minacce. A prescindere dalla necessità di nominare un nostro diplomatico sull´isola di San Marteen, non si capisce sulla base di quali valutazioni si sia proposto il nome di un imprenditore noto alle cronache per essere il primo azionista della Atlantis World Nv, società con base alle Antille olandesi, poi trasformata in Betplus, concessionaria al 30 per cento del mercato delle slot machines (introiti di 30 miliardi l´anno) grazie ad un accordo con lo Stato italiano.
Francesco Corallo ha la fedina immacolata. Non ha subito mai una condanna e non è mai stato indagato in alcuna inchiesta. Ma il suo nome è collegato all´affaire Montecarlo. La società di cui è azionista maggioritario è rappresentata a Miami da James Walfenzao. Avvocato e broker internazionale con altre società e referenze altissime a Monaco, Antille olandesi e a Panama, Walfenzao è anche amministratore della Corpag group, cui fanno riferimento la Printemps ltd e Timara ltd, ufficialmente proprietarie dell´appartamento lasciato in eredità ad An e rappresentate a Santa Lucia dall´avvocato Michael Gordon.
L´interesse della magistratura nasce anche dalla mail che Valter Lavitola, direttore dell´Avanti, ha pubblicato sul suo giornale. Nella missiva, l´avvocato Gordon si lamentava con Walfenzao del chiasso italiano nato attorno alle due società che rappresenta e suggeriva di parlarne con il loro cliente «la cui sorella sembra avere forti legami con uno dei due uomini politici coinvolti nello scontro». Il collegamento con Giancarlo Tulliani e quindi con il presidente Fini era evidente.
Talmente evidente da far nascere forti dubbi agli stessi inquirenti sulla genuinità della mail. E´ l´originale o qualcuno l´ha modificata? Gli inquirenti ipotizzano uno scenario diverso su cosa sia accaduto nell´affaire Montecarlo. Per entrare in possesso della casa di Montecarlo in modo discreto, qualcuno degli ambienti del presidente della Camera, non necessariamente "finiano", si affida a Francesco Corallo, già molto vicino all´esponente del Pdl, ex Alleanza nazionale, Amedeo Laboccetta.
Corallo si rivolge a un suo uomo di fiducia, James Walfenzao, il quale costituisce due società off-shore che acquistano e si vendono l´appartamento. Il premio per il lavoro svolto da Corallo è la sua nomina a console onorario di San Marteen.
Nomina che alla fine viene scartata. Con l´ennesima coincidenza in questo giallo: la figlia del console Marco Rocca, Giada, è rappresentante di cinque società che hanno sede nella stessa suite della Corpag group, quella di Walfenzao.
Link precedenti: Walfenzao, la Corpag e Tulliani

07 ottobre 2010

Quel burlone di Porro.....

«PERCEPII UN RISCHIO» - Al contrario Emma Marcegaglia ha avuto la percezione di «un rischio reale e concreto per la mia immagine e la mia persona...». Almeno così ha risposto il presidente della Confindustria quando è stata interrogata in qualità di persona informata dei fatti dai pm di Napoli il 5 ottobre scorso. Un passaggio della testimonianza è riportato nel decreto di perquisizione. «Dopo il racconto che Arpisella mi fece - dichiara la Marcegaglia - ho sicuramente percepito l'avvertimento come un rischio reale e concreto per la mia persona e per la mia immagine, tanto reale e concreto che effettivamente ci mettemmo, anzi mi misi personalmente, in contatto con Confalonieri». «Il Giornale e il suo giornalista - ha aggiunto - hanno tentato di costringermi a cambiare il mio atteggiamento nei confronti de Il Giornale stesso concedendo interviste che, per la verità, io su Il Giornale almeno recentemente non avevo fatto... Non mi era mai capitata una cosa simile, e cioè non mi era mai capitato che un quotidiano ovvero qualsivoglia altro giornale tentasse di coartare la mia volontà con queste modalità per ottenere un'intervista ovvero in conseguenza di dichiarazioni precedentemente rilasciate».


Poco prima che scoppiasse quest'ennesimo scandalo dai contorni oscuri, il giornalista Porro de "Il Giornale" litigava con l'on.Granata durante la trasmissione Exit.
Scambio di battute e accuse pesanti, come quella alla testata giornalistica di confezionare dossier, tra i due che arrivano a insultarsi reciprocamente  con parole come servo e ignorante.
Oggi invece Porro sembrava essere quello meno gagliardo in conferenza stampa mentre Feltri e Sallusti reggevano il peso mediatico della vicenda.
Porro, che doveva essere il volto presentabile e buono de Il Giornale, perde così la poca credibilità che aveva visto il tenore intimidatorio delle intercettazioni che riguardano le pressioni che subiva la Marcegaglia da parte di quel burlone di Porro :
“Ciao Rinaldo domani super pezzo giudiziario sugli affari della family Marcecaglia”. “…adesso ci divertiamo, per venti giorni romperemo il cazzo alla Marcecaglia come pochi al mondo!”
“Abbiamo spostato i segugi da Montecarlo a Mantova”
“…dobbiamo trovare un accordo perché se no non si finisce più qui…la signora se vuole gestire i rapporti con noi deve saper gestire…quello che cercavo di dirti è che dobbiamo cercare di capire come disinnescare in maniera reciprocamente vantaggiosa, vantaggiosa nel senso diciamo delle notizie delle informazioni della collaborazione no…”