 Giuliano Pisapia:
Giuliano Pisapia: "Signor Presidente, colleghe e colleghi, se in questo momento per  molti così drammatico dal punto di vista umano e politico penso alle  prime sedute di questa Assemblea mi viene un nodo alla gola.
Tante erano le speranze ma anche gli impegni; forte era la volontà ma  anche la possibilità di effettivo cambiamento. Certo, eravamo tutti  consapevoli che, di fronte alla disoccupazione dilagante, ad un’economia  disastrata, alla richiesta di maggiore giustizia sociale i tempi, dopo  decenni di malgoverno, non potevano essere brevi; ma eravamo anche  convinti che era possibile, anzi era necessario, dare fin da subito  segnali forti che tramutassero i bisogni e le speranze in riforme e  prospettive concrete di rinnovamento.
Era possibile insieme, tutti – centro-sinistra e sinistra, Ulivo e  rifondazione, con le nostre anime diverse, con il nostro rappresentare  segmenti diversi della società -, far crescere il paese e la fiducia  degli italiani nella possibilità di un vero cambiamento riformatore. È  dunque con un crescente senso di angoscia che oggi mi ritrovo a prendere  atto di un’amara realtà. Meno di trenta mesi sono bastati a dissipare  un patrimonio che aveva valore inestimabile, quello costituito dalla  fiducia che la gente ci aveva accordato.
Certo, in questo periodo difficile e travagliato siamo riusciti ad  entrare in Europa, a raggiungere importanti obiettivi  economico-finanziari; non è poco, e rifondazione comunista, tutta e  unita, ha fatto la sua parte per raggiungere questo obiettivo. Ma questo  non poteva e non può bastare. La gente, la nostra gente, l’Italia che  lavora, i giovani che meritano una scuola migliore e una prospettiva per  il futuro, i disoccupati che da noi aspettavano delle soluzioni, i  malati non abbienti che ancora pagano il ticket sul loro sacrosanto  diritto ad avere garantita la salute, sono scontenti; peggio, sono  disillusi: troppo poco è cambiato, troppo poco ha inciso nella vita di  tutti i giorni un Governo che voleva dare forti segnali di cambiamento.
Il Governo non è riuscito a dare spazio alla grande progettualità. Ha  rinchiuso se stesso dentro la gabbia di una buona, onesta ma modesta  amministrazione. E non è vero, cari colleghi e amici, quello che molti  cercano di addebitare a rifondazione comunista. Non è vero che non  abbiamo compreso che la strada della sinistra in questo contesto, ad un  passo dal 2000, dall’integrazione europea, dalla globalizzazione  mondiale, non poteva oggi che essere la strada di un vero e sano  riformismo.
Per questo, al di là del nostro programma, ci siamo limitati a  richiedere una seria politica di riforme, non solo economiche e  monetarie ma anche politiche e sociali. Non è stata dunque rifondazione a  non aver fatto la sua parte. Se oggi ci troviamo qui con l’angoscia per  quello che sarà, con la consapevolezza della possibilità di una  lacerazione tra le forze di sinistra, con la paura di una virata a  destra della politica italiana, la responsabilità non è dei parlamentari  di rifondazione comunista, che hanno mostrato per oltre due anni  ragionevolezza, pazienza, prudenza. Altri hanno deluso le speranze.
Oggi, però, siamo di fronte ad una scelta difficile dopo una  divisione dolorosa, una scelta forse decisiva per il paese: che cosa  accadrà – mi chiedo e mi chiedono – se cade questo Governo, che ne sarà  di quei modesti passi che comunque abbiamo fatto? Che ne sarà della  speranza di cambiamento di quanti ci hanno dato fiducia?
Prima di decidere come votare, ho parlato con quanta più gente ho  potuto, con molti di coloro con cui, soprattutto nell’associazionismo e  nel volontariato laico e cattolico, ho lavorato per tanti anni, persone  che, insieme ai militanti di rifondazione comunista, hanno voluto che li  rappresentassi in questo Parlamento. Il messaggio che ho recepito, pur  con forti dubbi e con ancor più forte rabbia, è che in questo momento  non si può disperdere il mandato che la maggioranza degli italiani ci ha  voluto affidare.
È con grande sofferenza e con il massimo rispetto per l’analoga  sofferenza di chi ha maturato scelte differenti alle mie che mi accingo  ad un gesto ispirato al senso di responsabilità e alla volontà di  impedire che le lacerazioni a sinistra e tra sinistra e centro-sinistra  diventino insanabili. Voterò quindi la risoluzione della maggioranza ma,  per quanto mi riguarda, questo voto non significa, non può significare,  non significherà mai un appoggio a chi vuole dividere la sinistra, a  chi pensa e spera di isolare chi intende rappresentare le stanze e i  bisogni degli emarginati, degli strati più poveri e della società.
 Cari  colleghi, si poteva e si doveva fare di più; per quanto mi riguarda, non  intendo arrendermi."
(Applausi di deputati del gruppo di rifondazione  comunista-progressisti e dei deputati dei gruppi dei democratici di  sinistra-l’Ulivo, dei popolari e democratici-l’Ulivo, di rinnovamento  italiano e misto-rete-l’Ulivo – Congratulazioni).