Il Presidente Napolitano: «Rispettare il Tricolore è un dovere per chi ha ruoli di governo»

11 novembre 2010

Ruby: Fiorillo vs Iafrate

Giorgia Iafrate, la funzionaria della questura che affidò Ruby a una sconosciuta, prova a difendersi arrampicandosi sugli specchi e scaricando le colpe sulle comunità, l'ultima ruota del carro.
La Iafrate arriva a dire addirittura che queste strutture chiudano alle 17, come dei normalissimi uffici, ma è una balla colossale.
Queste strutture sono operative 24 ore su 24 e quindi sono sempre reperibili, sempre.
Gli educatori devono vegliare sui ragazzi indi per cui fanno turni di notte, c'è sempre qualcuno in struttura.
La Iafrate non ha neanche le palle di assumersi le proprie colpe e infatti non ha neppure firmato la relazione dei poliziotti della volante e ora gioca allo scaricabarile, complimenti.
Prassi rispettata un cazzo e infatti ammette di aver agito con celerità come se la questione fosse un peso, peccato che la questione fosse una ragazzina con gravi problemi e non un pacco.
Questa funzionaria getta  fango su tutta la questura.

Cos'è che non l'ha convinta della ricostruzione di Maroni?
"Il passaggio in cui il ministro sostiene che io avrei dato il consenso all'affidamento alla Minetti. È stato quello che mi ha fatto sobbalzare. Ho un ricordo ancora vivo di quella notte così agitata, ci sono state sei o sette telefonate... Ma non ricordo di aver mai dato quell'autorizzazione". 
E quando le hanno detto che Ruby era la nipote di Mubarak, lei cos'ha risposto?
"Non me la sono bevuta, non sono mica scema. "E io sono Nefertiti, la regina del Nilo", gli ho detto. Poi dopo le loro insistenze ho aggiunto: "Se è proprio così, che facciano mandare una conferma scritta dall'ambasciata egiziana"". 
Secondo lei gli agenti che si occupavano del caso erano sotto pressione?
"Assolutamente sì. Quella sera ho commesso un solo errore che forse ha cambiato il corso degli eventi. Non ho rassicurato la funzionaria che se ne occupava, la dottoressa Iafrate. Era tutta irrigidita, parlava come se recitasse seguendo un copione. Sembrava combattuta".
Cos'altro l'ha insospettita il 27 maggio?
"Anche l'espressione che hanno usato per riferirsi alla Minetti. Credo che l'abbiano definita "consigliera presidenziale" o qualcosa del genere. Al che io risposto: "Scusi, io per un po' di tempo ho insegnato anche diritto costituzionale alle superiori, questa carica non l'ho mai sentita prima"".  
E la ricerca di una comunità che accogliesse Ruby? Maroni ha sostenuto che è stata fatta, ma non c'era posto.
"Quella notte i posti disponibili in comunità c'erano, eccome. Una vera balla. Non è mai stata avviata una richiesta del genere".  
Insomma, le incongruenze sarebbero secondo lei numerose. Ma è anche sulla base della sua relazione che il procuratore Bruti Liberati ha ritenuto corretto l'operato degli agenti.
"Si è basato sulla relazione del mio capo, la dottoressa Frediani, che è stata di gran trasparenza, e a quella relazione è allegata la mia. Non so, non conosco le motivazioni sulla base delle quali il dottor Bruti Liberati ha tratto quelle conclusioni. Forse avrà avuto altri documenti. Tutto può essere equivocato".
Lei perché "punta i piedi"?
"Perché se non lo faccio, entro in conflitto con me stessa. Sul rispetto delle leggi ho fatto un giuramento. E non posso considerare tutti gli equilibri del sistema, devo badare alla minima parte, la mia. Io, nella mia vita, che cosa sto facendo?".

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