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08 gennaio 2011

Quale punizione per i terroristi?

Quale punizione per i terroristi? | Jacopo Fo | Il Fatto Quotidiano
Mia madre fu rapita, seviziata con tagli di lamette e sigarette spente sul corpo e violentata da un gruppo di fascisti armati. Oggi sappiamo chi erano questi criminali, ma non verranno mai puniti grazie alla prescrizione.
Sinceramente non mi interessa il fatto che non scontino nessuna pena per quello che hanno fatto. Non è una questione di perdono. Io non perdono proprio niente. Ma credo che la punizione sia compito di Dio o, se preferite, delle leggi di natura. E sono certo che gente di quel genere ha vissuto perdendo la cosa più preziosa: la possibilità di essere sensibili alla vita e all’amore. Chi si macchia di crimini orrendi per riuscirci deve uccidere la sensibilità al dolore altrui, ma così perde anche la capacità di provare empatia per altri esseri umani. Cosa può esserci di peggio che vivere afflitti dalla sordità emotiva?
Mandela, dopo 27 anni di prigione, dovette decidere cosa fare dei criminali che avevano compiuto ogni sorta di violenza contro migliaia di neri. Lui decise che metterli in prigione non sarebbe servito. Non avrebbe ripagato le vittime per il dolore sofferto. Fu invece creato il Tribunale del Perdono. Per anni le vittime testimoniarono quel che avevano subito. E poi ai criminali fu chiesto di raccontare nei dettagli quel che avevano compiuto. E queste deposizioni furono trasmesse da radio e tv per anni, ogni giorno. Il vescovo Tutu, che con enorme sofferenza ha presieduto le udienze, ha spiegato il significato di questa scelta: “Adesso le famiglie delle vittime della crudeltà conoscono quello che è realmente accaduto ai propri cari”.
Si tratta di un modo di pensare ben diverso da quello patriarcale della legge della vendetta. In Sudafrica si pensa che la vittima non stia meglio se viene vendicata. La vittima sta meglio se il suo dolore viene riconosciuto nel dettaglio. Quando torni a casa e dici a tuo fratello che ti ama che hai ricevuto 100 frustate lui soffrirà talmente a sentire il tuo racconto che nella sua mente spererà che le frustate non siano state proprio 100, magari un po’ meno… Solo 75… Ma tu hai preso proprio 100 frustate e le più terribili sono state le ultime 25. E vorresti che fosse riconosciuta l’interezza del tuo dolore. Non si tratta di facile perdonismo.
Il colpevole è costretto a raccontare nei dettagli l’orrore che ha commesso. Sua madre, sua moglie, sua figlia sapranno esattamente che cosa ha compiuto. Ovviamente questa scelta non può essere applicata su casi singoli di delinquenza. Lì c’è la necessità di rinchiudere fisicamente il colpevole per evitare ulteriori danni. Ma quando i crimini sono compiuti da terroristi di Stato o contro lo Stato, durante momenti politici di follia, la semplice pena detentiva è insensata. Se un popolo vuol liquidare il proprio passato di bestialità diffusa deve sapere chi ha fatto cosa. Proprio perché si diminuisce la probabilità che simili atrocità si ripetano.
Tocca fare i conti con la storia. Solo così si può scoprire, al di là di ogni dubbio, la verità.
Noi oggi sappiamo ben poco sulla stagione del terrore rosso e nero e sui complotti di Stato che insanguinarono l’Italia negli anni ’70. Di come fu organizzato il rapimento di mia madre non si sa quasi nulla. Si mormora che i fascisti che rapirono Franca fossero spalleggiati da un gruppo di Carabinieri deviati che brindarono in caserma subito dopo il crimine. Secondo alcuni, tra gli esseri che agirono c’erano addirittura appartenenti a un’unità illegale dei carabinieri che vennero soprannominati “I Corvi”, responsabili di altri crimini allucinanti e di almeno un altro rapimento con stupro e torture.
E’ vero? Vorrei saperlo.
Se potessimo ottenere la verità su quegli anni, evaporerebbe anche l’aurea di efficienza bellica che aleggia intorno ai vari terroristi. Si saprebbe la verità sulle infinite azioni idiote che compivano quotidianamente (quanti furono arrestati perché persero la carta d’identità durante una rapina? Quanti esibirono due patenti a un posto di blocco? Quanti avevano in tasca le chiavi del deposito delle armi con l’indirizzo scritto sulla targhetta? Quanta gente venne arrestata, ferita, uccisa, per banali errori e malintesi?). E si saprebbe anche di quanti approfittarono della confusione per rubare i soldi delle armate rosse o di quelle nere. Quanti furono uccisi dai loro stessi compagni (o camerati) per sporche questioni personali
Del terrorismo non conosciamo proprio il lato più importante per chi voglia evitare di ripetere gli stessi terribili errori. Oggi i libri che raccontano queste storie per lo più censurano la stupidità del male. Così alcuni giovani disinformati possono avere un’idea eroica delle bande armate degli anni ’70. Possono credere alla retorica… La verità è un’altra. Non posso raccontarla qui per ragioni di spazio.
Se ti interessa saperne di più leggi la mia storia di militante dell’Autonomia Operaia nel 1974 (Anch’io Black Bloc!, Il Servizio d’Ordine è criminale?, Fan più danni i black bloc o Assange?). Poi ho capito come stavano le cose e sono scappato… Per mia fortuna. Una storia che ho già raccontato altre volte, ma che pochi vogliono sentire… Perché è una storia senza eroi.
Jacopo Fo

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